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«C'era una volta...», così cominciavano le favole che ci leggevano da bambini. «C'era una volta la giustizia penale, per l'appunto una favola nel vuoto giudiziario del Paese. Un vuoto dove germoglia una perversa contraddizione, se è vero che al crimine, attraverso l'incertezza della pena, viene offerta su un vassoio la prospettiva della possibile impunità, mentre per chi non fosse colpevole è già una pena il calvario di un processo dai tempi metafisici». «La giustizia in Italia è un impraticabile bisticcio di elementi d'inquisitorio e accusatorio. Donde processi interminabili, scarcerazioni di pluriomicidi per decorrenza termini, prescrizioni di reati come regola, che ora vuole ampliarsi, impunità diffusa, vittime del reato abbandonate al proprio destino, e per altro verso arresti spesso inutili, calvario di attese per lo sventurato che senza colpe entri nel circuito penale come destinatario del cosiddetto 'atto dovuto', e così via in un caos indescrivibile, prossimo all'anarchia».